Bajaj Classic SL 125 (1998)



1998. Sull'orlo di un millennio che si chiude. Tutti hanno già sulla bocca una parola magica: «duemila». Tanta attesa per un traguardo storico, come se dovesse sancire chissà quale rivoluzione. L'informatizzazione dilaga, si apre l'era digitale; l'economia tutto sommato prospera, in un decennio che pare riflettere ancora la luce dei rampanti anni '80.
Il mercato motociclistico italiano è lungi dal conoscere la crisi che, una dozzina d'anni dopo, avrebbe strangolato produttori e concessionari; anche la poderosa contrazione della seconda metà degli anni '80, figlia di obblighi mal digeriti dal pubblico (il casco per i motocicli «targati»), sembra ormai un ricordo. Scooter automatici di ispirazione giapponese dominano le classifiche di vendita. Piaggio tenta un rilancio del marchio «Vespa» introducendo una nuova generazione di scooter che rompe drasticamente col passato. Si tratta, in definitiva, di una gamma mutuata dagli altri automatici di famiglia, vestiti d'una scocca portante in acciaio, con linee che tentano di riprendere quelle delle Vespa classiche. Il lancio, nel 1996, delle ET2 ed ET4, ha la pretesa così di celebrare il mezzo secolo di storia della Vespa. È comunque un successo commerciale, un'intuizione felice dal punto di vista del mercato, che porta la firma di Giovannino Agnelli. Si è da poco chiusa la parentesi della «Cosa», oggi perentoriamente giudicata fallimentare, sebbene quella Vespa di fatto ma non di nome si sia dovuta confrontare con una contingenza non facile e con scelte commerciali oggettivamente infelici.
Sullo sfondo, la Vespa «PX» è sopravvissuta alla sua erede e punta a proseguire il suo cammino. La produzione non si è mai interrotta. Nel mercato nazionale aveva ceduto il passo alla sua erede, sino ad essere reintrodotta per la gioia dei non pochi affezionati. In questi anni Novanta, però, la Vespa classica non ha grandi schiere di estimatori. È percepita come un mezzo antiquato, certamente espressione di un miracolo economico italiano, che però appare quanto mai lontano.
Veicoli dalle forme tormentate, modellati nella plastica, oggi assecondano la sete di tecnologia che pare essere appagata solo da ciò che arriva dal Sol Levante.
Con queste premesse, all'alba del decennio si era timidamente affacciato nel mercato Italiano un produttore Indiano. È Bajaj Auto, realtà sconosciuta (o quasi) in Occidente, ma un vero e proprio colosso nella regione indiana.
In Germania comparve nei primi anni Ottanta. Alla fine di quel decennio, arrivò a Milano, importata da una piccola realtà - un'officina - quella di Solari, in via Scaldasole. La Chetak si affaccia così nella terra natale dello scooter da cui deriva. Possiamo certamente dire che i numeri dei primi anni furono assai modesti.
Nel 1994 un nuovo importatore di rilievo nazionale introdusse la Chetak nei listini italiani. Risponde al nome SIAM s.r.l. ed ha sede a Napoli.
In questi anni le vendite sono buone ed ancora oggi circolano molti esemplari immatricolati attorno alla metà degli anni Novanta. La gamma comprende due modelli: la Chetak Classic, dalle forme marcatamente retrò, e la Chetak Electronic, una rivisitazione più moderna. La prima è disponibile nella sola cilindrata 150; la seconda sia in versione 150, sia 125.
Arriviamo così al nostro anno 1998. A SIAM subentra Melian s.r.l., con sede a Salorno (BZ), già importatore degli autoveicoli Tata. Porta nel listino un nuovo modello, che rimpiazza i precedenti. È la Classic SL, nei fatti una versione rinnovata della Chetak Electronic. Esordisce con una serie di migliorie tecniche e variazioni di carattere estetico.



Motore. Siamo pur sempre di fronte ad una «Vespa» che ha fatto il suo alveare in una realtà lontana, adattandosi per quel poco necessario. Il motore è sostanzialmente quello di una Vespa «largeframe» degli anni sessanta. Deriva da quello della Sprint, beneficiando del terzo travaso (frontescarico). Un motore ante PX, diremmo: albero motore con cono volano stretto (17 mm), cuscinetti di banco gemelli (a sfere, misura 62x25x12 mm), ammissione a valvola rotante. Leggermente diversa la conformazione della valvola, che richiama, nelle lavorazioni di ripresa, quella dei motori 200.
Tradizionale anche la frizione, una classica «sei molle». Il cambio, come da modifiche introdotte nel 1994, è a «denti grossi», ovvero è ridisegnato ispirandosi a quelli delle Vespa PX elettroniche, con doppio anello seeger sull'albero secondario, e crocera del cambio piatta (non identica a quella Piaggio, che tuttavia si può facilmente adottare abbinandola al suo stelo di comando).
Se la cilindrata 150 si avvale del classico gruppo termico 57 x 57 (145,45 cc), la 125 ha un'inusuale - ma non del tutto - 54 x 54 (123,67 cc). Non del tutto inusuale? In effetti no: molte vecchie Vespa 125 si avvalgono di un «54 quadro»; è il caso delle farobasso dalla «VM1T» in poi e della prima largeframe, la «VNA1T», con le sue derivate prodotte su licenza in vari paesi del mondo (da citare le Motovespa Spagnole).

Blocco motore.
Ne consegue che le Bajaj 125 adottino un diverso albero motore, in ragione della corsa minore. Si noti che le 125 adottano una biella più lunga, da 110 mm (come le Vespa 200); diversa anche l'altezza del pistone, che si caratterizza per lo spinotto fortemente decentrato.

Il silenziatore di scarico, con la sigla d'omologazione DGM 51463 S.
Su entrambe le cilindrate è montato un particolare silenziatore di scarico, esteriormente simile a quello delle Vespa PX; all'interno, però, sono presenti due diverse paratie divisorie. il collettore è di sezione ridotta. Ne consegue un'erogazione che privilegia in termini assoluti l'elasticità, in quasi totale assenza di vibrazioni. Notevole anche la silenziosità di marcia. Per ottenere queste peculiarità, gli ingegneri indiani sono intervenuti anche sull'impianto di aspirazione, con un filtro meno permeabile (con due elementi filtranti sovrapposti). L'anticipo dell'accensione è fisso a 22° prima del P.M.S., coerentemente con le vecchie largeframe a valvola rotante con pistone bombato.

Filtro aria con doppia maglia.

Il carburatore è il classico modello «SI» prodotto dall'Indiana Spaco su licenza Dell'Orto. La configurazione del carburatore è la seguente:

  • Getto del massimo 92;
  • Emulsionatore E3 (da non confondere con BE3);
  • Calibratore aria 160;
  • Getto del minimo 38 - 120;
  • Getto starter 60;
  • Valvola gas priva di unghiate, tipo 6823.07
Carburatore Spaco (su licenza Dell'Orto), tipo SI 20/20 D

L'accensione è elettronica, con centralina e bobina A.T. separate. Esse sono fissate, mediante un supporto in comune, nella parte alta del vano motore, poco sopra al gruppo termico. Soluzione probabilmente concepita per ridurre problemi dovuti ad inondazioni, notoriamente frequenti nella patria di questi veicoli. Il volano richiama quello delle largeframe dei primi anni Sessanta: la ventola è rimovibile, applicata mediante quattro viti; in questo caso è in materiale plastico. I magneti sono assicurati al volano mediante delle viti. Lo statore, invece, richiama quello delle Vespa PX con accensione elettronica, pur variando nelle dimensioni. L'impianto luci è servito da un'unica serie di bobine (quattro). È presente un regolatore di tensione, alloggiato nel cofano sinistro; benché esteticamente del tutto diverso, è intercambiabile con quello a tre contatti delle Vespa PX.



Sospensioni. Una delle principali innovazioni funzionali introdotte con la serie «Classic SL» è costituita dalla nuova sospensione anteriore. Lo evidenzia la scritta «Anti dive» sulla carenatura del tubo di sterzo. Se i precedenti scooter Bajaj mantenevano la classica sospensione Vespa, con ammortizzatore e molla separati (non coassiali), qui abbiamo un avantreno completamente riprogettato. Nuovo il tubo di sterzo, nuovo il mozzo, nuovo il braccio oscillante in pressofusione d'alluminio. Quest'ultimo è coadiuvato da una biella supplementare in acciaio, inserita per un più efficace contrasto del tipico affondamento in frenata. La soluzione si rivela efficace, anche se oggettivamente più complessa rispetto alla sospensione introdotta con la Vespa PX, la quale è ugualmente efficiente.

Ammortizzatore anteriore. A partire dal 1999 l'attacco inferiore diviene a forcella. Si intravede, sul retro, la biella antiaffondamento.

Indicatore di usura dei ceppi freno anteriori.

Curioso l'indicatore di usura della ganasce del freno anteriore: una semplice lancetta solidale alla camma che divarica i ceppi. Per il controllo dell'usura del freno posteriore è invece presente un foro di ispezione, come su molte Vespa destinate a mercati esteri.
L'intera sospensione anteriore si avvale di diversi ingrassatori, per la manutenzione periodica.
La sospensione posteriore, invece, è di fatto immutata rispetto alle soluzioni tradizionali impiegate sulle Vespa largeframe.


Avviamento ed alimentazione. La «Classic SL» in oggetto fa parte della prima serie commercializzata in Italia; è priva di avviamento elettrico e di miscelatore, accessori che diverranno disponibili solo in un secondo momento. Così l'avviamento è rigorosamente a pedale: la leva è in ferro (e non in alluminio), sprovvista di gommino di protezione.
Il serbatoio presenta un tappo a sgancio rapido, come sulle PX Arcobaleno, tuttavia il tappo di diametro inferiore, intercambiabile con quello di alcuni scooter Giapponesi (es. Honda). Soluzione, questa, già presente sulle serie precedenti. Curiosamente con la classic SL è stata ridotta la capacità del serbatoio, passando da 7,8 l a circa 6,5 l.

Le corpose maniglie sono fissate sfruttando le viti che bloccano il serbatoio.


Estetica e dispositivi di segnalazione. Rinnovata anche nell'aspetto esteriore, questa «Classic SL» introduce nuovi cofani laterali, un nuovo curioso parafango anteriore, una maschera anteriore, apposta allo scudo, con indicatori di direzione ora di forma tondeggiante. Una carenatura in plastica nasconde gli organi supplementari della sospensione anteriore. Di nuovo disegno anche il coperchio manubrio, che ospita un tachimetro ampio e ben leggibile, di produzione Minda o, talora, VDO; esso include tre spie (due per le frecce, separate, ed una per la luce abbagliante), queste difficilmente visibili con la luce diurna.
Gli indicatori di direzione sono accompagnati da un cicalino dal suono assai forte. Il lampeggio è alternato - anteriore, posteriore - per evitare inutili cali di tensione sull'impianto. L'avvisatore acustico, di fabbricazione Giapponese Mitutoyo, è ben avvertibile ed è alimentato in corrente continua: questo è possibile nonostante l'assenza della batteria,  grazie all'adozione di un apposito raddrizzatore.
I comandi elettrici sono anch'essi ridisegnati: più convenzionali, rispetto a quelli assai originali adottati sulle precedenti Chetak Electronic.

Il blocchetto di sinistra.

Blocchetto di destra.
Di nuova foggia anche la lunga sella biposto (quasi riduttivo definirla così), abbinata a due grosse maniglie tubolari che corrono ai suoi fianchi; dietro, su un apposito supporto, è alloggiata in posizione verticale la ruota di scorta, fornita di serie.
Su tutte e tre le ruote sono applicate delle calotte copricerchio di forma a dir poco curiosa, forse più consone ad un giocattolo che ad un mezzo così affine ad una Vespa.

I tappeti originali.

Le pedane sono integralmente coperte da un tappeto in gomma, diviso in tre pezzi; è costruito in modo da limitare il ristagno d'acqua, prevenendo la comparsa di ruggine. La pedana di destra ospita un pedale simile a quello adottato sulle Vespa PX; poco distante dal foro del pedale si trova la punzonatura del numero identificativo del veicolo. Esso è codificato secondo lo standard VIN, in 17 caratteri. Nota: sotto al cofano motore si trova una seconda punzonatura, che indica il numero progressivo della scocca; la punzonatura del motore è sul bracco del semicarter sinistro, come sulle altre Vespa largeframe. ¹
Il comando del rubinetto benzina, in posizione tradizionale, è diverso nella disposizione delle funzioni rispetto alle Vespa nostrane: sopra Riserva, lato motore Chiuso, verso il basso Aperto. Il comando dell'arricchitore si avvale di una levetta a scatto, in luogo del classico pomello a tirare.


La verniciatura è stesa senza parsimonia, ma non mancano bucciature.
Alto e solido il cavalletto, privo delle scarpette in gomma, provvisto invece di un comodo puntapiede.
Notevole la capacità di carico complessiva, potendo vantare due capienti vani portaoggetti: quello di sinistra e l'ampio bauletto retroscudo.

I fori per la pedanina sono chiusi, in origine, con tappi in gomma nera.
Il cofano sinistro presenta quattro fori: predisposizione per l'eventuale pedanina poggiapiedi, accessorio dal sapore assai vintage ma ancora in uso in India.

Rivestimento fonoassorbente applicato all'interno del cofano lato motore.
Il cofano destro, invece, presenta all'interno un rivestimento fonoassorbente.
In dotazione due chiavi, di produzione Minda, che consentono entrambe l'azionamento di tutte le serrature. L'impugnatura circolare di colore blu reca il logo Bajaj. Per un eventuale duplicato, è possibile utilizzare chiavi grezze realizzate per le serrature Zadi impiegate su Vespa PX Arcobaleno.


I lamierati del passaruota sono pressoché identici a quelli delle largeframe dalla GL (VLA1T in poi). Assente, tuttavia, la sagomatura per l'alloggiamento della vecchia targa Italiana (presente sulle large dal 1962).

Il relé intermittente che aziona gli indicatori di direzione trova luogo sotto alla maschera frontale. Un adesivo avverte sui rischi di danneggiamento del dispositivo. La serratura del bloccasterzo integra il contatto per l'arresto del motore.
Targhetta sul frontale.

Vano sotto al serbatoio.

Questa etichetta ricorda di prestare attenzione alla miscelazione di benzina ed olio. Trattandosi di un motore tipo Vespa a valvola rotante, la percentuale d'olio è al 2 %.


Il rinforzo sotto alla pedana, di dimensioni generose, è di nuovo disegno.


¹ Per approfondire: Identificare una Bajaj: prefissi telaio e motore


L'esemplare fotografato non è mai stato immatricolato. Non segna che una manciata di chilometri. È pressoché identico - tinta a parte - a quello provato dalla rivista «Motociclismo» (11/1999). La prova è ad opera di Aldo Benardelli, profondo conoscitore degli scooter Vespa.

 



In ultimo, una brochure dell'importatore italiano: è del 2001; alla normale Classic SL - oggetto di questa rassegna - subentra la versione denominata, in Italia, «Eco»: è provvista di avviamento elettrico e miscelatore automatico, ha ora l'omologazione «Euro 1». Della «Classic SL Eco» parleremo prossimamente. 
Nota: nella brochure è presentata la «Chetak», quale versione più povera. È priva del miscelatore e dell'avviamento elettrico. Non solo, rispetto alla «Classic SL», non beneficia della nuova sospensione anteriore. Risulta, tuttavia, che non sia mai stata commercializzata effettivamente in Italia.

 








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